(da R.M. Rilke)
Se in te semplicità non fosse, come
T'accadrebbe il miracolo
di questa notte lucente? Quel Dio,
vedi, che sopra i popoli tuonava
si fa mansueto e viene al mondo in te.
Più grande forse lo avevi pensato?
Se mediti grandezza: ogni misura umana
dritto attraversa ed annienta
l’inflessibile fato di lui.
Non attender che Dio su te discenda
e che ti dica: Sono.
Senso alcuno non ha quel Dio che afferma
l'onnipotenza sua.
Sentilo tu, nel soffio ond'ei ti ha colmo
da che respiri e sei.
Quando, non sai perché, ti avvampa il cuore,
è Lui che in te si esprime.
Filosofiche Pratiche, Piergiorgio Sensi
"humanas actiones non ridere, non lugere neque detestari, sed intelligere" (Spinoza) Meditazioni, riflessioni, esercizi e spunti di pratica filosofica, divagazioni di didattica filosofica e non (immagine di P. Klee, Scheidung-abends, 1922)
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mercoledì 24 dicembre 2014
venerdì 29 agosto 2014
Pratiche Filosofiche ... un nuovo inizio del blog
Pratiche filosofiche ….
Il blog cambia nome e pelle. Quella
pratica di comunicazione rivolta ad allievi per consigliare letture o
link o avvenimenti, poco seguita da me, e dunque anche da loro, è in
gran parte esaurita o inutile … per questo ho deciso che lo
spazio virtuale del blog debba essere occupato da altro …
riflessioni e meditazioni affidate a una bottiglia nel mare del web
...
Il cambiamento del nome della pagina è
in qualche modo accattivante, echeggia slang modaioli: le pratiche
filosofiche, sia nel senso delle consulenze alla Achenbach, sia nel
senso dei rinnovati “esercizi di filosofia” (antica, o perenne,
per seguire Hadot; senza connotazioni temporali – o meglio
contemporanee, nel senso di “connesse ad ogni tempo” -, per
seguire Sloterdijk) stanno tornando in auge. Ma … sia detto senza
alcuna seconda intenzione, che la filosofia fosse essenzialmente una
“prassi” lo sostengo sin dai tempi della mia formazione
accademica, quando il progetto di vita era di professare filosofia
non solo o non tanto nei licei, ma in quel livello di esercizio
(l'accademia, appunto) in cui la teoria è tutto e la pratica
filosofica è tutt'al più pratica dello studio di qualche filosofo o
di qualche tematica filosofica. Il rimando, si licet, è ad
un mio saggio del 1989, su “Azione, attività, atto” (tra
l'altro pubblicato su una rivista che si chiamava “Teoretica”),
in cui scrivevo: “interrogarsi filosoficamente sulla struttura
dell'attività significa anche interrogarsi sulla struttura di
quell'attività che è l'interrogazione filosofica” … ma che la
filosofia sia essenzialmente un interrogarsi e un domandare è un
leit motiv che risuona dai tempi di Socrate e dei suoi allievi
sino ad oggi … e interrogarsi e domandare sono appunto “pratiche”.
E allora viene subito da domandarsi
perché filosofia e domandare siano strettamente connessi, sin dai
tempi di Socrate … Ma già questo è un esercizio, una pratica che
si inviterà a svolgere ...
Ora, questo spazio pubblico, ospiterà
descrizioni e indicazioni, spunti di esercizi filosofici (vedremo via
via quali ne sono gli obiettivi specifici, come si fa per quelli
ginnici, oggi molto più seguiti), che, ovviamente, sono stati tutti
sperimentati in prima persona dall'autore, altrimenti non avrebbe
senso neanche il proporli ad altri (non si deve “legare sulle
spalle degli altri” pesi che chi lega non è disposto a portare o
non ha portato). A tranquillizzare i più e con un po' di presunzione
(ancora, si parva licet …) “il mio giogo è
leggero” (il correttore di 'office' correggeva in “gioco”, la
citazione sarebbe stata impropria, ma il concetto non sarebbe stato
molto distante, e uno tra i prossimi esercizi proposti sarà proprio
quello di riflettere sul nesso gioco-giogo).
Qualche anticipazione va pur data … è
un topos dire che la filosofia è quella pratica intellettuale
che si occupa delle questioni di “senso” e sul senso della
totalità. Una formula molto efficace che usava M. Gentile (uno dei
capiscuola della linea accademica in cui mi sono formato) è quella
che identifica la filosofia come “quel domandare tutto che è tutto
domandare”; ora, mentre con Heidegger di Essere e tempo, non
si può fare a meno di rimarcare che mentre ci si interroga sul tutto
(o sull'essere, non è ancora il tempo e lo spazio per questo
esercizio) non si può fare a meno di interrogarsi su chi è che si
interroga … vale la pena di dire che chi si interroga non è un
generico “esser-ci” o un generico uomo, ma un determinato essere
umano [non mi risulta che altre forme di intelligenza non umane
abbiano prodotto qualcosa di assimilabile a quella che chiamiamo
“riflessione filosofica” … almeno per ora!]
La pratica della riflessione filosofica
è qualcosa che chi pratica pratica in prima persona … de te
fabula narratur (Orazio)… ma di questo più avanti, in altro
esercizio …
E allora avviamo pratiche ben sapendo
che dobbiamo condurre queste pratiche “in prima persona” (sia
singolare sia plurale, … come avremo modo di vedere più avanti, il
domandare filosofico è strutturalmente dialogico, anche quando è
meditazione individuale ...)
1. Le pratiche filosofiche e il
“climaterio della civiltà”
O meglio, soluzione di una prima
obiezione alla riproposizione di “pratiche filosofiche”.
Oswald Spengler ebbe a scrivere, nel
suo monumentale, e per molti versi, fonte di utilissimi “esercizi
filosofici”, Il tramonto dell'Occidente (tr. it. ed.
Longanesi, 1981, p. 539), che la stessa svolta nietzscheana verso la
consapevolezza dell'arte di vivere, era da collocare nel trapasso
dalla Kultur (Civiltà) alla Zivilisation
(Civilizzazione) anche della nostra forma occidentale (che sta per
l'appunto tramontando), e dunque come un segno del “climaterio
della civiltà”, un chiaro indice di senescenza e di decadimento.
La trasformazione della concezione
della filosofia da volontà di comprensione di tutto ciò che è in
quanto è, per parafrasare la definizione aristotelica di filosofia
prima, a pratica “terapeutico-farmaceutica”, anche se con
illustri predecessori (Epicuro e il suo farmaco “tetra-valente”)
sarebbe un chiaro sintomo di una forma di vita e di concezione del
mondo che rinuncia definitivamente alla sophia e si rifugia in
una più modesta e consolatoria phronesis.
Sarà che recenti studi su Aristotele –
il padre del bíos
theoretikòs - tendono a dire che anche nello Stagirita (come
pure nel suo maestro Platone) il “primato” spetterebbe all'etica
o alla politica, a quelle che lui chiamava “scienze pratiche”
(rimando alla recensione che Maria Bettetini ha fatto ad una
raccolta di saggi a cura di C. Baracchi, comparsa sul domenicale del
Sole 24 ore il 20 luglio u.s., ed esplicitamente titolata “prima
l'etica poi la metafisica”). Sarà che nei due testi chiave (la
“filosofia prima” o “metafisica”, e l'Etica a
Nicomaco il nostro tende a far coincidere somma conoscenza con
somma felicità: “la felicità è attività conforme a virtù”
(Etica Nic, X, 7, 1177a13) ed è ciò che – come la sophia,
la virtù somma per gli esseri razionali - “si desidera per se
stessa”.
Sarà che anche altri (e per tutti cito
Agostino, De civitate Dei, XIX,3 “nulla
est homini causa philosophandi nisi ut beatus sit”:
l'uomo si dedica alla filosofia perché desidera la beatitudine,
qualcosa di più della felicità, quella pienezza del vivere (olbios)
cui non manca nulla. Ora se questo invece che divino sia luciferino,
demoniaco, tracotante (citando Fichte che nella lettera a Jacobi
dell'agosto 1795 diceva: cominciammo a “filosofare per orgoglio”
[Hybris?], e perciò abbiamo perso la nostra innocenza … “da
allora noi filosofiamo per il bisogno della nostra salvezza”.
Già qui si profila un nesso da
indagare, presto: quello tra filosofia e desiderio … ma non ora.
- Un colpo al cerchio e uno alla botte.
Indicare, come fa Spengler, la
declinazione terapeutica della filosofia (ridotta a farmaco) come
segno della senescenza di una forma di Kultur lascia intendere
che la forma sana e vitale della pratica filosofica sarebbe quella
della teoresi volta a comprendere ciò che è per come è o, tutt'al
più, alla Hegel, “apprendere il proprio tempo nel pensiero”.
Ora, nella definizione hegeliana la filosofia si propone
metaforicamente come “nottola”, ossia come animale che comincia
la propria attività (“sorge”) sul far della sera, ossia quando
gli eventi di cui sarà comprensione sono già accaduti. Allora la
filosofia è inevitabilmente postuma? Ha la stessa valenza
dell'anatomo-patologo nella vecchia barzelletta goliardica degli
studenti di medicina:
“I medici si dividono in tre
categorie: a) quelli che vedono tutto anche se non sanno niente; b)
quelli che sanno tutto anche se non vedono niente; c) quelli che
sanno tutto e vedono tutto … peccato che arrivano troppo tardi !
[dove a) sono i chirurghi, b) gli internisti, c) gli
anatomo-patologi]”
Ora la modernità ha cercato di
separare anche nella filosofia i chirurghi (gli ideologi, quelli che
dopo una sommaria diagnosi del “male” si proponevano di
rimuoverlo”) dagli internisti, tutti concentrati su come poter
diagnosticare al meglio e perciò totalmente concentrati sul problema
gnoseologico ed epistemologico, ritenendo impossibile, dopo Hegel e
“la morte per apoteosi della filosofia classica” (secondo
l'efficace formula della D'Agostini), una comprensione della totalità
in grado di orientare anche l'esistenza del singolo.
Ma di un mondo gettato a caso, come
nella spazzatura, si sente sempre e comunque il bisogno di
trasformarlo nel migliore dei mondi possibili o vivibili, quantomeno
(parafrasando Nietzsche che parafrasa Eraclito)
Nessuno è troppo giovane o troppo
vecchio per praticare la filosofia, perché nessuno è troppo giovane
o troppo vecchio per la felicità … (Epicuro, Lettera a Meneceo), …
ma di questo alla prossima puntata. (continua)
venerdì 18 aprile 2014
Meditazione augurale per le festività pasquali
- “6Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, 7ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, “ Filippesi, 2, 6
- “Tempo è di tornare poveri
- per ritrovare il sapore del pane,
- per reggere alla luce del sole
- per varcare sereni la notte
- e cantare la sete della cerva.
- E la gente, l'umile gente
- abbia ancora chi l'ascolta,
- e trovino udienza le preghiere.
- E non chiedere nulla.” D. M. Turoldo 1988
- “Non so come, non so dove, ma tutto
- perdurerà: di vita in vita
- e ancora da morte a vita
- come onde sulle balze
- di un fiume senza fine.
- Morte necessaria come la vita,
- morte come interstizio
- tra le vocali e le consonanti del Verbo,
- morte, impulso a sempre nuove forme.”
martedì 24 dicembre 2013
Per un felice Natale e un buon (veramente buono) 2014
"Il Padre pronunciò una parola, che fu suo Figlio, e sempre la ripete in un eterno silenzio; perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall'anima". Giovanni della Croce (Spunti di amore, 21)
Auguri a tutti i lettori
Piergiorgio Sensi
lunedì 25 novembre 2013
Per approfondire l'Idealismo
Consiglio di leggere la presentazione che ne fa il prof. Gargano nel sito dell'IISF (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli), al seguente indirizzo:
http://www.iisf.it/scuola/idealismo/fichte.htm
lunedì 4 novembre 2013
Per chi vuol leggere la programmazione o scaricare le griglie
Ricordo a tutti gli interessati che al seguente link http://piergiorgiosensi.weebly.com/programmazione-e-strumenti-didattici-generali.html è possibile scaricare la mia programmazione, le griglie di correzione-valutazione delle prove scritte ed orali, la tabella di conversione (15/10),
mercoledì 2 ottobre 2013
"Quando quidem nulla est homini causa philosophandi, nisi ut beatus sit; quod autem beatum facit, ipse est finis boni; nulla est igitur causa philosophandi, nisi finis boni:"
(Agostino di Ippona, De Civitate Dei, 19, 1.3)
Riprendo le pubblicazioni sul blog con un augurio di buona lettura a tutti gli apprendisti della filosofia che mi sono affidati.
A quelli che si sono già avviati e che stanno incontrando il pensiero di Agostino consiglio di cominciare a leggere scaricando dal sito http://www.augustinus.it/index2.htm dove si possono consultare tutte le opere sia nell'edizione latina che in traduzione italiana.
Consiglio di partire dal De vera religione http://www.augustinus.it/latino/vera_religione/index.htm, in particolare dal famosissimo brano di 39.72: " Recognosce igitur quae sit summa convenientia. Noli foras ire, in teipsum redi; in interiore homine habitat veritas; et si tuam naturam mutabilem inveneris, transcende et teipsum. Sed memento cum te transcendis, ratiocinantem animam te transcendere. Illuc ergo tende, unde ipsum lumen rationis accenditur. Quo enim pervenit omnis bonus ratiocinator, nisi ad veritatem? cum ad seipsam veritas non utique ratiocinando perveniat, sed quod ratiocinantes appetunt, ipsa sit. Vide ibi convenientiam qua superior esse non possit, et ipse conveni cum ea. Confitere te non esse quod ipsa est: siquidem se ipsa non quaerit; tu autem ad eam quaerendo venisti, non locorum spatio, sed mentis affectu, ut ipse interior homo cum suo inhabitatore, non infima et carnali, sed summa et spiritali voluptate conveniat.
(Agostino di Ippona, De Civitate Dei, 19, 1.3)
Riprendo le pubblicazioni sul blog con un augurio di buona lettura a tutti gli apprendisti della filosofia che mi sono affidati.
A quelli che si sono già avviati e che stanno incontrando il pensiero di Agostino consiglio di cominciare a leggere scaricando dal sito http://www.augustinus.it/index2.htm dove si possono consultare tutte le opere sia nell'edizione latina che in traduzione italiana.
Consiglio di partire dal De vera religione http://www.augustinus.it/latino/vera_religione/index.htm, in particolare dal famosissimo brano di 39.72: " Recognosce igitur quae sit summa convenientia. Noli foras ire, in teipsum redi; in interiore homine habitat veritas; et si tuam naturam mutabilem inveneris, transcende et teipsum. Sed memento cum te transcendis, ratiocinantem animam te transcendere. Illuc ergo tende, unde ipsum lumen rationis accenditur. Quo enim pervenit omnis bonus ratiocinator, nisi ad veritatem? cum ad seipsam veritas non utique ratiocinando perveniat, sed quod ratiocinantes appetunt, ipsa sit. Vide ibi convenientiam qua superior esse non possit, et ipse conveni cum ea. Confitere te non esse quod ipsa est: siquidem se ipsa non quaerit; tu autem ad eam quaerendo venisti, non locorum spatio, sed mentis affectu, ut ipse interior homo cum suo inhabitatore, non infima et carnali, sed summa et spiritali voluptate conveniat.
39. 73. Aut si non cernis quae dico, et an vera sint dubitas, cerne saltem utrum te de iis dubitare non dubites; et si certum est te esse dubitantem, quaere unde sit certum: non illic tibi, non omnino solis huius lumen occurret, sed lumen verum quod illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum "
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